Saturday, April 17, 2010

Steel Art No.67


Aveva la cassa di tipo standardizzato con differenti tipi di motorizzazione e venne progettata come multiruolo; la velocità era di 30 o 60 km/h in base alla versione. Il colore originale era il verde militare. Queste locomotive erano caratterizzate da accorgimenti costruttivi e allestimenti spartani e robusti; erano dotate di una cabina di guida all'estremità posteriore e di un grande cofano motore. Presentavano un carro a passo rigido montato su 3 assi, con ruote accoppiate mediante una biella mossa da un asse cieco (un asse motore dotato di manovella e contrappeso, privo di ruote e posto fra il secondo e il terzo asse). Il motore, Deutz o Krupp a 16 cilindri in linea, erogava una potenza sufficiente all'effettuazione di tradotte e manovre. La trasmissione era di tipo idraulico Voith. L'identificazione WR 360 C 14 derivava dalle seguenti convenzioni dell'epoca: "W" identificava le locomotive utilizzate dalla Wehrmacht; "R" (Regelspur) si riferiva allo scartamento normale da 1435 mm (in contrapposizione allo scartamento ridotto); il numero "360" specificava la potenza del motore in German Horse Power (PS, con 1 PS = 0.736 kW); "C" serviva a specificare il numero di assi (3); il numero 14 rappresentava il carico per asse in tonnellate metriche.

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Steel Art No.58


Il kit è una referenza della francese JMP, in stucco ceramico scomposto in due metà. L'ottima parte inferiore non ha subito modifiche, a differenza di quella superiore, contraddistinta da una testurizzaziorie troppo accentuata, che è stata debitamente lisciata e migliorata. Ho quindi costruito una scaletta in filo di rame, forando un lato della costruzione con un minitrapano e sistemando i predellini, per poi simulare i fili elettrici e quelli del telefono da campo lungo il cielo del bunker. Il basamento della Flak ha ricevuto una griglia antiscivolo realizzata con un disco in plasticai e tulle da bomboniera. Prima di chiudere il tutto ho iniziato la colorazione, applicando una base di Dark Yellow e una mano di grigio medio diluito su tutto il modello. Per enfatizzarne la profondità, le superfici hanno ricevuto un primo lavaggio di nero ad olio; gli interni sono stati quindi rifiniti a drybrush, utilizzando una miscela di bianco e Uniform Japones Vallejo, per far risaltare i dettagli. Il bunker è ricco di nicchie, e la più grande, posta al centro, è stata dettagliata con un tavolo, una sedia, il telefono da campo e una lampadina, purtroppo invisibili a modello finito, mentre nelle altre ho sistemato alcuni accessori dipinti in precedenza.

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Steel Art No.07


Con la perdita della superiorità aerea, la Wehrmacht si vide costretta a fornire un'adeguata protezione dai cacciabombardieri alle proprie formazioni corazzate; numerose furono le soluzioni proposte e questo veicolo dall'aspetto bizzarro fu una delle più riuscite. Si inizia il lavoro assottigliando con carta abrasiva e limette i vari pezzi del kit sovradimensionati. Le scudature abbattibili che proteggono l'arma e l'equipaggio sono state migliorate con la sostituzione dei fermi e degli anelli che le tengono in posizione chiusa; le relative parti del kit sono state sostituite con particolari realizzati in tondino di ottone da 0,5 mm. L'antisdrucciolo che copre i parafanghi è stato asportato e rimpiazzato con lastre fotoincise; anche i supporti per attrezzi e dotazioni di bordo, sono stati sostituiticon accessori in fotoincisione, di produzione Aber. Per rompere la monotonia della sovrastruttura squadrata è stata aperta una delle piccole feritoie circolari laterali; è stato necessario rimuovere completamente il dettaglio stampato, praticare il corrispondente foro con una punta di diametro adeguato ed infine ricostruire il piccolo portello con un dischetto di plasticard. I bordi delle scudature sono stati testurizzati con una lama da bisturi nuova e ben affilata, per riprodurre la texture del metallo tagliato con cannello ossia-cetilenico e non rifinito.

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Steel Art No.06


Al momento della spartizione della Cecoslovacchia, le fabbriche Skoda, il secondo arsenale dell'Europa centrale, passarono in mano alla Germania, per conto della quale produssero, dall'agosto del 1938 al settembre del 1939, una quantità d'armi pari a quella dell'intera industria bellica britannica. Con queste parole Sir Winston Churchill riassunse, nelle sue memorie, il danno subito dagli Alleati con gli Accordi di Monaco, a seguito dei quali la Cecoslovacchia fu sacrificata in nome di una pace impossibile. Prima della guerra, le fabbriche Skoda realizzavano prodotti d'alta qualità, tra cui gli ottimi carri armati LT vz35 e LT 38, denominati rispettivamente Pz.Kpfw 35(t) e Pz.Kpfw 38(t), e ponti corazzati per portaerei, tra cui quello della britannica HMS Ark Royal. Tra i veicoli ruotati prodotti dalle efficienti officine cecoslovacche c'erano la 952 Kabrio e relative varianti. L'elevata qualità del veicolo fece si che la sua intera produzione fosse destinata alle Algemeine SS ed alle Waffen-SS, come vettura personale per gli ufficiali superiori oppure come veicolo comando.

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Steel Art No.05


Il kit del Cruiser MK IV è in resina e comprende soltanto la parte superiore dello scafo con la torretta; non trattandosi di un modello eccelso, sono stati necessari alcuni interventi di miglioria e dettaglio. Il lavoro vero e proprio ha avuto inizio con la ricostruzione di tutte le pannellature e griglie presenti sullo scafo. Per questa operazione ho preferito utilizzare del lamierino in ottone dello spessore di 0,20mm invece del solito plasticard in quanto, durante una prova, ho notato delle deformazioni, probabilmente dovute al collante utilizzato. Le cerniere e le maniglie dei portelli sono state riprodotte con filo elettrico e completate con bullonature e rinforzi in plastica provenienti da vari kit. Ai lati della torretta ho ricostruito i dispositivi lanciafumogeni, utilizzando segmenti di tubo d'ottone, completati dai congegni di scatto provenienti dai fucili britannici Lee Enfield e dai cavetti in filo in rame. Sul cielo della torretta è stato ricostruito il caratteristico longherone in rilievo, mentre sullo scudo del cannone è stato necessario rifare la piccola piastra di protezione che chiude parzialmente il foro per la mitragliatrice ed i relativi quattro bulloni. Al riflettore della cupola del capocarro ho aggiunto i cavi elettrici e la maniglia per il puntamento; per simulare il vetro ho utilizzato una lente per automodelli, applicata al faro stesso, svuotato per ricreare la parabola. All'interno dei portelloni della cupola ho modellato l'imbottitura con il Milliput, mentre la canna è in alluminio della Jordi Rubio.

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Steel Art No.04


Il peso di 57t faceva di questo carro una macchina da combattimento di tutto rispetto, anche se piagata da numerosi inconvenienti. La torretta poteva essere ruotata solo su terreno piano e l'ottica di puntamento era di qualità scadente; lo scarso addestramento degli equipaggi causò la perdita di molti mezzi. La produzione di questa mostruosità corazzata fu interrotta nel 1941 in favore di veicoli più leggeri e più rapidi da costruire. Ciononostante furono realizzati pochi esemplari di una seconda versione, denominata KV II B, caratterizzata dalla piastra frontale della torretta inclinata, dal portello del capocarro in due battenti e dall'eliminazione della mitragliatrice frontale. Nel complesso le modifiche apportate non rappresentavano alcun miglioramento. Nonostante i vari difetti, il KV II pose alcuni problemi alla Wehrmacht nelle fasi iniziali dell'Operazione Barbarossa; la maggior parte delle unità controcarro era dotata di PaK (Panzerabwehrkanone) da 3,7cm o da 5cm. In particolare, il PaK 3,7cm non era in grado di arrecare alcun danno al KV II nemmeno a distanza ravvicinata! Una volta adattato il fantastico cannone contraereo da 8,8cm alla funzione controcarro, il KV II perse la propria invulnerabilità.

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Steel Art No.03


Il treno di rotolamento è stato dettagliato con la sostituzione di alcune parti con altre provenienti dal set di fotoincisioni; sfortunatamente l'ottone si è rivelato troppo sottile, dandomi grossi problemi per quanto riguarda il tensionamento dei cingoli. Le parti fotoincise sono state inoltre completate con le necessarie bullonature; inoltre, delle molle vere sono state utilizzate per sostituire quelle stampate presenti sui bracci tensionatori connessi alle ruote folli. Per ottenere un'ottimale tensione dei cingoli senza piegare le fotoincisioni sono state necessarie parecchie prove, dalla bollitura, all'utilizzo di solventi, e infine quella che ha dato il miglior risultato: l'incisione di ogni maglia con un bulino a V. Superata questa prima difficoltà, sono passato alla modifica del cassone, al cui interno sono stati eliminati i serbatoi laterali, sostituiti da uno nuovo, completo di tappo e catenella, nella cabina di guida. Con del plasticard sono state quindi occluse le nuove aperture e la trama dell'antisdrucciolo è stata estesa alle nuove superfici. Sul retro del mezzo sono stati eliminati gli inviti per il fissaggio dei due portapacchi.

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Steel Art No.02


Ho iniziato l'elaborazione alcuni anni fa (come accade a molti modellisti, quando giungo a saturazione, accantono il modello che sto realizzando e lo riprendo quando mi torna l'ispirazione) da uno Sherman dell'Airfix, in scala 1/76, correggendone i numerosissimi difetti Lo scafo del carro è asimmetrico; visto frontalmente la parte destra è più stretta della sinistra e si deve quindi aggiungere uno spessore di 0,5 mm, opportunamente sagomato sul fianco; è quindi necessario riposizionare il filtro dell'aria; questa operazione ha come effetto collaterale la correzione delle dimensioni del modello, portandolo ad una corretta scala 1/76. Per ridurre l'altezza delle fiancate dello scafo è possibile incollare delle striscette di strip per simulare il supporto del grembiule parasabbia, da completare con i relativi fori di fissaggio. E stato quindi necessario correggere l'asimmetria della parte posteriore. Terminate le modifiche strutturali, ho autocostruito i filtri dell'aria, per poi collocare i portelli di accesso al vano motore in posizione correttamente centrata. I cingoli provengono dallo Sherman Esci e sono stati ristretti di 0,15 mm da ambo i lati.

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Steel Art No.01


Come base di partenza ho utilizzato il modello in resina prodotto dalla Cri. El Model. Di particolare aiuto mi è stato il volume intitolato "Le Autocarrette del Regio Esercito", edito da Albertelli, da cui ho ricavato i disegni in scala, riducendo quelli in 1/25 ivi pubblicati. Questo volume, affiancato dalle foto scattate alla Cecchignola, da alcune fotocopie del manuale d'uso e manutenzione e da Wheels & Tracks nD61, ha costituito la mia nutrita documentazione. Dato lo spessore minimo delle parti, la fragilità della resina e la necessità di apportare numerose modifiche, ho ritenuto opportuno ricorrere ad un'autocostruzione quasi completa. Ho quindi selezionato gli elementi che avrei comunque potuto utilizzare, come la parte frontale del posto di guida ed una ruota, utilizzata per realizzare il nuovo ''master". La costruzione è iniziata dal posto di pilotaggio e più precisamente dal pezzo del kit che riproduce la piastra frontale, comprendente la griglia di ventilazione.

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